Interessante constatare come, nella storia di noi esseri umani, mille variabili si compongano dando vita a risultati unici, che lasciano dei segni spesso indelebili in molti di noi. Interessante accorgersi di come un talento artistico, magari emerso durante l’adolescenza, ma poi sopito per decenni, decida improvvisamente di esprimersi, arrivando immediatamente, con forza ed intensità, al cuore di chi guarda.
Questo è il caso di Antonio Pignatelli, la cui produzione pittorica giunge, dirompente, nel panorama artistico italiano, con la lucida forza delle sue lune, dei suoi giardini dai riflessi dorati, dei suoi rossi assoluti, del suo mare evocativo. Nella raccolta di opere che egli dedica a Ruth Bernhard egli raccoglie idealmente l’eredità della fotografa americana, di origine tedesca, cogliendo l’essenza metafisica ed erotica delle sue immagini e reinterpretando i ritratti di donna secondo la sua sensibilità maschile. Non riproducendoli, ma ricreandoli.
Non certamente a nulla è valso, per il nostro, l’aver trascorso anni sulle navi, l’aver conosciuto paesi lontani, l’aver indossato, sebbene solo per un temporaneo prestito, gli occhiali di culture diverse dalla nostra. Questa contaminazione contenutistica ha lasciato in Pignatelli le sue evidenti tracce. Ma nel suo caso, più che in altri, è necessario considerare con molta attenzione quale sia stato il terreno sul quale tutti questi elementi abbiano attecchito.
La ragione di tale specifica necessità è legata al fatto che Antonio Pignatelli possiede una forte personalità, un’urgenza espressiva che nasce dalla necessità di auto-determinarsi. Pignatelli, in ogni pennellata, in ogni marcato contorno, che sia una donna o una pianta, che sia una figura geometrica o la spuma del mare, manda avanti con fermezza il proprio sé, il proprio gusto formale. La sua competenza tecnica non è mai mero virtuosismo, la sua bravura è al servizio di un’emozione che vuole lasciare segni tangibili, marcare con decisione il plexiglass, colpire la retina di chi guarda con colori brillanti e con immagini definite e dense. Le idee passano quasi in secondo piano rispetto al sentire. È una pittura fortemente emotiva, che intende dar forma a ciò che di profondo risiede nell’anima dell’artista. Questa è la sua cifra: una dimensione che è sintesi di passione, nostalgia, estasi, talvolta rabbia. E, nel caso di questo omaggio alla Bernhard, anche di eros e sogno.
Pignatelli dunque, in questo dialogo ideale con la fotografa (che ha raggiunto il suo successo d’artista con i suoi ritratti in bianco e nero), dà colore a quei nudi, li rivitalizza facendo entrare, negli incarnati delle donne raffigurate, gradazioni di azzurro, di giallo, di grigio, di marrone. Come se la natura tutta, in questi meravigliosi nudi, trovasse essa stessa una sua inedita e poetica sintesi.
Bisogna aver attraversato esperienze, aver vissuto pienamente la vita perché in una semplice pennellata si possa condensare tutto ciò. Ed è questo che contiene la produzione pittorica di Antonio Pignatelli: un’intensità narrativa che non poteva venir fuori prima, ma che ha dovuto aspettare il momento giusto per esprimersi e raccontarci non solo tante storie di donne, ma anche, forse soprattutto, la storia di un uomo.
Silvia Cazzato
Di Pignatelli in Pignatelli
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